martedì 11 luglio 2017

"Staccare la spina": giusto o sbagliato?




In questi giorni si sta parlando molto del caso del piccolo Charlie Gard, il bimbo britannico affetto da mitocondriopatia, una malattia molto grave che colpisce le funzioni vitali delle cellule. 

Si sa che il caso, ormai di attenzione mediatica, è stato più volte esaminato dalla Corte Suprema di Strasburgo, che ha categoricamente vietato le continue terapie per mantenere in vita il piccolo Charlie, il quale vive artificialmente con l'aiuto degli appositi macchinari.

Molte Nazioni, come gli Stati Uniti e anche il nostro “Bel Paese”, hanno cercato di far fiorire nei genitori una speranza, seppur tenue, per quanto riguarda la sperimentazione di alcune cure che potrebbero migliorare le condizioni di Charlie.

Sappiamo che anche in Italia ci sono molti casi di minori con malattie mitocondriali, come il piccolo Emanuele di Lucca. 

La Corte di Strasburgo vorrebbe agire nell'interesse del minore, evitando così il famoso “accanimento terapeutico”, di cui tanto si parla anche all'interno della politica italiana. Mentre nei Paesi come la Gran Bretagna vige una legge specifica sul fine vita, riconosciuta dai giudici europei, in Italia, invece, la norma vieta l'interruzione delle cure nei bambini senza il permesso dei genitori. 

In merito a questo, lo scorso 20 aprile è stata approvata dalla Camera la legge sul fine vita e quindi anche sul biotestamento. 
In breve, si tratta della proposta di legge n°1142 intitolata “Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari al fine di evitare l’accanimento terapeutico”. 



Se approvata, consentirebbe a qualsiasi maggiorenne la possibilità di rinunciare ad alcune terapie mediche, in particolare la nutrizione e l’idratazione artificiale. Questa interruzione può essere ottenuta anche con le cosiddette “disposizioni anticipate di trattamento” (DAT), un documento nel quale si può indicare a quali terapie si vuole rinunciare e a quali condizioni, nel caso in cui a un certo punto si sia impossibilitati a esprimere la propria opinione (testamento biologico).

In ogni caso, fino a quando il Senato non avrà approvato la legge in maniera definitiva, ci auguriamo che il piccolo Charlie possa usufruire delle cure sperimentali messe a disposizione dall'Ospedale del Bambin Gesù di Roma.

La materia, oggetto dell'articolo, è senza ombra di dubbio molto ostica e soprattutto genera pareri discordanti nello scenario politico ma anche in quello religioso. Come sempre, quando si tratta di normative che menzionano principi etici, la posizione della Chiesa è categorica ed è sicuramente pro vita in ogni caso. Il paziente può rinunciare all'accanimento terapeutico ma non può decidere come e quando far cessare la vita.

Se da una parte si discute sul mettere fine alla propria esistenza, bisogna considerare che dall'altra parte vi sono le persone che incessantemente si prendono cura dei propri cari, mantenuti in vita artificialmente.

La domanda, quindi, è: siamo in grado di poter decidere come e quando “staccare la spina” e/o sospendere le terapie palliative, con o senza il biotestamento? 
A voi la risposta!


Giorgia Tagarelli

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