mercoledì

L’Italia dei morti sul lavoro: domani si tornerà a tacere?

 

Nicola Sicignano, 50 anni. Daniele Tafa, 22 anni. Umberto Rosito, 38 anni. Tre nomi. Tre vite spezzate. Tre lavoratori morti nelle ultime 48 ore. Morti di lavoro. O meglio, uccisi da un sistema che della sicurezza ha fatto un optional, da un Paese che si indigna solo quando il sangue macchia le prime pagine dei giornali, salvo poi dimenticare tutto nel giro di un paio di giorni.

Nicola è rimasto incastrato nel nastro trasportatore di una ditta di smaltimento rifiuti.

Daniele, a soli 22 anni, è stato trafitto da una scheggia incandescente in un’azienda di lavorazione dell’acciaio.

Umberto è stato falciato da un camion mentre faceva il suo lavoro su un’autostrada.

Tre storie diverse, stessa fine.

E domani? Domani le statistiche ci dicono che almeno altre due persone moriranno mentre si guadagnano da vivere.

Ma si sa, i numeri fanno meno rumore delle sirene delle ambulanze.

Il circo della politica si è già messo in moto: dichiarazioni, proclami, accuse reciproche.

Il governo promette nuovi provvedimenti, i sindacati gridano ai tagli e ai ritardi, l’opposizione si indigna.

Lo abbiamo già visto, lo vediamo da decenni.

Tra il 2021 e il 2024 i morti sul lavoro in Italia sono stati 4.442.

Quattro mila quattrocentoquarantadue.

Un numero che fa paura, ma che evidentemente non basta a far cambiare davvero le cose.

E mentre loro discutono, nelle fabbriche si continua a lavorare con macchinari obsoleti, nei cantieri si cade nel vuoto, sulle strade si muore asfaltati.

Perché la sicurezza costa, perché rispettare le regole rallenta la produttività, perché i controlli non sono mai abbastanza.

Perché il lavoro, in Italia, è ancora una roulette russa.

Eppure il dibattito è sempre lo stesso, vuoto e sterile.

Lo si tira fuori solo quando si aggiunge un altro nome alla lista dei caduti.

Poi passa qualche giorno, e tutto torna nel silenzio.

La verità è che nel nostro Paese si muore sul lavoro oggi come trent’anni fa.

E si muore perché si fa finta di non vedere, perché la sicurezza viene sacrificata sull’altare del profitto, perché chi dovrebbe garantire controlli e tutele preferisce chiudere un occhio.

Nicola, Daniele e Umberto non sono solo vittime.

Sono l’ennesima dimostrazione di quanto sia malato questo sistema.

E noi?

Noi ci indigniamo, scriviamo post sui social, accendiamo un dibattito… fino alla prossima tragedia.

Fino a quando?


Davide Beltrano

IlFolle 


Nessun commento:

Posta un commento