mercoledì

Il talento calabrese Paolo Andriolo porta la sua pinsa a Rieti!


Rieti torna ad accendersi di sapori, profumi e colori grazie alla quindicesima edizione della Fiera Campionaria Mondiale del Peperoncino, appuntamento ormai irrinunciabile per chi vive di gastronomia, passione e creatività culinaria. Dal 29 agosto al 7 settembre 2025, il cuore dell’Italia ospiterà chef, pizzaioli e ristoratori provenienti da ogni angolo del pianeta, con il patrocinio del MASAF – Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste.

Anche quest’anno la Calabria sarà presente tra le eccellenze in mostra, grazie a Paolo Andriolo, chef e proprietario della pinseria “Voglia”, un locale che ha saputo conquistare il pubblico con le sue pinse romane preparate nel verde di un suggestivo giardino a Villapiana Scalo, lungo la costa ionica cosentina.

«Partecipare a un evento di tale portata è motivo di grande orgoglio» – racconta Andriolo – «perché significa portare un pezzo di Calabria in una delle manifestazioni gastronomiche più seguite a livello internazionale. Essere riconfermati per il terzo anno consecutivo è il segnale che il lavoro fatto con costanza e amore per questo mestiere viene apprezzato. Il peperoncino rappresenta la nostra identità e valorizzarlo in un contesto così prestigioso è una soddisfazione enorme».

La Fiera, che negli anni ha conquistato fama mondiale, non è soltanto un festival per appassionati, ma anche un luogo d’incontro per professionisti del settore, un vero e proprio laboratorio di contaminazioni culinarie. In questo scenario, la presenza di Andriolo e della sua pinseria diventa occasione per mostrare come la Calabria sappia rinnovarsi senza mai perdere le proprie radici.

«Viviamo un momento difficile per la ristorazione» – prosegue lo chef – «ma è proprio in situazioni così che bisogna resistere, credere nelle proprie idee e puntare sulle peculiarità che rendono unica la nostra terra. La pinsa è la nostra cifra stilistica, e poterla raccontare attraverso un festival di fama mondiale è la dimostrazione che la qualità e la passione, alla lunga, premiano sempre».

Un impegno quotidiano, fatto di sacrificio e di amore per il mestiere, che trasforma una pinseria calabrese in un punto di riferimento internazionale, capace di portare alto il nome della regione in uno degli eventi più attesi del panorama gastronomico mondiale.

venerdì

Carcere, il grande inganno del cemento. E il Sud continua a pagare il prezzo più alto

 


È una di quelle pagine nere che tornano sempre, uguali, drammatiche. Quella del sovraffollamento carcerario non è solo una questione tecnica. È una ferita aperta nella nostra coscienza civile, una vergogna che riguarda tutti, perché dice chi siamo, e quanto valga davvero la vita umana nel nostro Paese.

I numeri parlano chiaro: oltre 62.700 detenuti per meno di 47.000 posti regolamentari. Un’emergenza che dura da decenni, e che da quando si è insediato l’attuale governo è addirittura peggiorata: 6,5 detenuti in più ogni giorno, a fronte di un solo nuovo posto ogni otto. Il risultato? Celle sovraffollate, tensioni esplosive, e un dato ormai intollerabile: l’aumento vertiginoso dei suicidi in carcere.

E come spesso accade, è il Sud – e la Calabria in particolare – a pagare il prezzo più alto. Perché qui il sistema penitenziario sconta da anni strutture inadeguate, personale ridotto all’osso, servizi assistenziali e sanitari insufficienti. Le carceri di Cosenza, Rossano, Catanzaro, Vibo raccontano ogni giorno una realtà che chi vive lontano dalle sbarre non può nemmeno immaginare: celle stipate, turni massacranti per gli agenti, assistenza psicologica praticamente assente.

In questo contesto, il ministro Nordio rilancia con una proposta che suona come un disco rotto: più cemento, più container, più repressione. Lo aveva già annunciato un anno fa col decreto “Carcere sicuro”. Oggi ripropone lo stesso schema, affidando a Marco Doglio il ruolo di commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria, con l’idea di installare prefabbricati nei cortili delle carceri o riadattare vecchie caserme dismesse. Ma davvero possiamo credere che piazzare delle “casette d’emergenza” in strutture già al collasso sia una risposta seria a un problema strutturale?

Nel frattempo, i reati aumentano, le pene si inaspriscono, le alternative al carcere vengono trattate come concessioni ideologiche. Ma la verità è una: il carcere italiano non rieduca, non cura, non reinserisce. Schiaccia.

Lo ha detto chiaramente Mauro Palma, ex garante nazionale dei detenuti, in una lettera inviata a Giorgia Meloni: “Anche se davvero si costruissero i 15.000 posti promessi entro il 2028, non basterebbero. Oggi il sovraffollamento è già di oltre 16.000 unità, e continua a crescere”. Senza una visione diversa, si continuerà a inseguire l’emergenza con strumenti vecchi e dannosi.

E in Calabria, dove le occasioni di reinserimento sociale sono ridotte all’osso, la detenzione diventa spesso una condanna all’oblio. Nessun programma serio di recupero, poche strutture per i detenuti tossicodipendenti o affetti da disturbi mentali, zero percorsi di giustizia riparativa. Si entra in cella e si scompare.

Eppure, un’alternativa esiste. E parte da un cambio di paradigma: il carcere non può essere solo punizione. Deve essere responsabilità, rieducazione, riscatto. Servono comunità, non container. Servono educatori, non solo agenti. Servono progetti, non muri.

Finché non si avrà il coraggio di investire davvero in umanità e giustizia sociale, il carcere resterà una fabbrica di dolore. E il Sud, ancora una volta, ne sarà il capannone più buio.

Davide Beltrano

Perché dopo 15 anni ho scelto di restare con iPhone.

 

Sono sempre stato un appassionato di tecnologia e nel corso degli anni ho coltivato una piccola mania: cambiare smartphone spesso, quasi compulsivamente. Non ho mai tenuto un dispositivo per più di cinque mesi. Da iPhone 6 Plus in poi, ogni modello “maxi” di Apple è passato tra le mie mani, così come ogni top di gamma Samsung, specialmente le varianti Ultra degli ultimi anni. Una sorta di alternanza continua, un pendolo che oscillava tra Cupertino e Seul.

Quest’anno però è accaduto qualcosa di nuovo. Per la prima volta, uno smartphone è rimasto con me per dieci mesi consecutivi (a settembre saranno undici). Una vera eccezione che, conoscendo le mie abitudini, ha un significato enorme.

La ragione non è tanto nello smartphone in sé, quanto nell’ecosistema che gli ruota attorno. Non sto scoprendo nulla: tutti sanno che l’integrazione dei dispositivi Apple è un punto di forza. Ma viverla quotidianamente, in maniera fluida, senza intoppi, con un livello di precisione quasi chirurgico, è un’esperienza che ti cambia l’approccio alla tecnologia. Certo, per molti Apple è un sistema “chiuso” (anche su questo ci sarebbe da ridire, ma vabbè) e forse proprio per questo è meglio non entrarci se non si è convinti, perché una volta trovata la quadra è molto difficile tornare indietro. Ti abitui a una semplicità d’uso che diventa quasi indispensabile.

Quello che mi colpisce, giorno dopo giorno, è la costanza. Un dispositivo che ti accompagna fino a sera senza incertezze, che nella fotografia e soprattutto nei video offre un’esperienza difficilmente replicabile. È un insieme di piccoli dettagli che, sommati, fanno la differenza e che sul lungo periodo pesano più di qualunque scheda tecnica.

Dall’altra parte, Samsung conserva un fascino indiscutibile: la qualità degli schermi OLED resta un punto di riferimento assoluto, capace di regalare quel “wow effect” che ti cattura al primo sguardo. Ma nel tempo, nell’uso quotidiano, alcuni aspetti hanno finito per farmi guardare altrove.

Apple e Samsung rappresentano due mondi diversi. La prima gioca di melina, non osa troppo, avanza con piccoli passi sicuri, sapendo di poter contare su una fidelizzazione impressionante. La seconda invece deve ogni anno inventarsi qualcosa di nuovo: fotocamere da 200 megapixel, pieghevoli futuristici, funzioni che spesso hanno più del “wow” da vetrina che della sostanza.

Non è questione di simpatia o di tifo da stadio. Amo entrambi i marchi e i rispettivi ecosistemi. Ma dopo quindici anni di cambi, scambi e test, la mia esperienza mi porta a dire che sul lungo periodo l’affidabilità di iPhone resta un gradino sopra. Samsung può entusiasmare all’inizio, con quella potenza bruta che impressiona, ma spesso non riesce a calibrarla né a mantenerla nel tempo. Apple invece preferisce non strafare, ma ciò che offre funziona, e funziona bene.

Alla fine, chiunque sia davvero appassionato di tecnologia vorrebbe avere entrambi, poterli confrontare, usarli, sperimentarli. Ma nella realtà quotidiana non sempre è possibile. E quando arriva il momento di scegliere, la stabilità e la durata nel tempo fanno la differenza.

Ecco perché, per la prima volta dopo tanti anni, ho deciso di “cedere il passo” ad iPhone. Una decisione maturata non per moda o spirito di appartenenza, ma per pura affidabilità. Si potrebbero dire tante altre cose, lo so, ma questa non vuole essere una recensione tecnica: è solo una riflessione personale su questo eterno binomio iPhone – Samsung Ultra.


IlFolle 

martedì

𝐎𝐠𝐠𝐢 𝐚 𝐂𝐚𝐬𝐭𝐫𝐨𝐥𝐢𝐛𝐞𝐫𝐨 𝐥𝐚 𝐯𝐢𝐬𝐢𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐀𝐯𝐯. 𝐒𝐚𝐧𝐭𝐢𝐧𝐨 𝐃𝐞 𝐑𝐨𝐬𝐞.

Questa mattina ho avuto il piacere di incontrare, presso la sede comunale, l’Avv. Santino De Rose, castroliberese dalla nascita che oggi vive e lavora a San Francisco, dove si è distinto nel settore della giurisprudenza internazionale.

Un incontro cordiale e ricco di significato, che ci ricorda quanto sia importante mantenere vivo il legame con i nostri cittadini all’estero. La competenza e la professionalità calabrese continuano a essere riconosciute e apprezzate a livello globale, e la storia personale dell’Avv. De Rose ne è una chiara testimonianza.

A lui va il nostro ringraziamento per l’impegno, l’attaccamento alle radici e la disponibilità a condividere con la comunità un percorso di vita e lavoro che orgoglisce Castrolibero.

Orlandino Greco

Sindaco di Castrolibero

lunedì

Summer Camp 2025 Castrolibero. Mannarino: “Un’estate educativa costruita con passione.”


L’infanzia ha bisogno di attenzioni, divertimenti e spazi creativi per ampliare il proprio bagaglio di emozioni. Il campo estivo 2025, promosso dal Comune di Castrolibero, va proprio in questa direzione agendo nell’ambito delle attività socio-educative rivolte all’infanzia.

E quello ormai alle spalle è stato un mese denso di esperienze, tra gite, laboratori, giochi e momenti formativi che hanno coinvolto oltre 60 bambini in un percorso pensato per unire apprendimento, svago e crescita personale. La formazione come centro nevralgico dello sviluppo del bambino, dicevamo, e la promotrice di tutto questo è Anna Giulia Mannarino, consigliere comunale con delega alle Politiche Sociali e Sociosanitarie, che ha seguito in prima persona tutte le fasi del progetto.

“Anche quest’anno abbiamo voluto costruire un’esperienza significativa, dove il gioco fosse strumento educativo e il tempo estivo occasione di crescita”, afferma Mannarino, “Il campo ha rappresentato un investimento importante sulla comunità, grazie a una rete di collaborazione fatta di educatori, famiglie, cittadini e operatori.”

A rendere possibile l’iniziativa è stato il contributo della cooperativa Vita Sì e il coinvolgimento attivo di numerosi cittadini che hanno messo a disposizione il proprio tempo e le proprie competenze in forma volontaria. Le attività hanno spaziato dalle uscite in montagna e al mare alle esperienze nei parchi naturali, fino a laboratori tematici e momenti ricreativi organizzati in gruppo.

“Ringrazio sentitamente tutto lo staff educativo per la dedizione dimostrata quotidianamente – prosegue la consigliera – così come le famiglie che ci hanno affidato con fiducia i loro figli, e naturalmente i bambini, che con il loro entusiasmo ci hanno restituito il senso più autentico del nostro impegno.”

La fase conclusiva del campo estivo è stata segnata da una grande festa, a testimonianza del valore inestimabile dell’esperienza vissuta.

Sul progetto è intervenuto anche il sindaco di Castrolibero, Orlandino Greco: “Il Summer Camp è un esempio concreto di come un’amministrazione comunale debba farsi promotrice di spazi inclusivi e opportunità di crescita per i bambini, accompagnando le nuove generazioni in un percorso educativo e sociale capace di lasciare il segno.”

Agosto apre ora il tempo della pausa, ma lo sguardo è già proiettato verso il futuro. “Auguro a tutti un’estate leggera e rigenerante – conclude Mannarino – perché le vacanze non sono solo un momento di riposo, ma un’occasione per dare spazio alle esperienze vissute, farle maturare dentro di noi e ripartire con nuove energie, pronti a costruire insieme ciò che verrà.”