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Perché dopo 15 anni ho scelto di restare con iPhone.

 

Sono sempre stato un appassionato di tecnologia e nel corso degli anni ho coltivato una piccola mania: cambiare smartphone spesso, quasi compulsivamente. Non ho mai tenuto un dispositivo per più di cinque mesi. Da iPhone 6 Plus in poi, ogni modello “maxi” di Apple è passato tra le mie mani, così come ogni top di gamma Samsung, specialmente le varianti Ultra degli ultimi anni. Una sorta di alternanza continua, un pendolo che oscillava tra Cupertino e Seul.

Quest’anno però è accaduto qualcosa di nuovo. Per la prima volta, uno smartphone è rimasto con me per dieci mesi consecutivi (a settembre saranno undici). Una vera eccezione che, conoscendo le mie abitudini, ha un significato enorme.

La ragione non è tanto nello smartphone in sé, quanto nell’ecosistema che gli ruota attorno. Non sto scoprendo nulla: tutti sanno che l’integrazione dei dispositivi Apple è un punto di forza. Ma viverla quotidianamente, in maniera fluida, senza intoppi, con un livello di precisione quasi chirurgico, è un’esperienza che ti cambia l’approccio alla tecnologia. Certo, per molti Apple è un sistema “chiuso” (anche su questo ci sarebbe da ridire, ma vabbè) e forse proprio per questo è meglio non entrarci se non si è convinti, perché una volta trovata la quadra è molto difficile tornare indietro. Ti abitui a una semplicità d’uso che diventa quasi indispensabile.

Quello che mi colpisce, giorno dopo giorno, è la costanza. Un dispositivo che ti accompagna fino a sera senza incertezze, che nella fotografia e soprattutto nei video offre un’esperienza difficilmente replicabile. È un insieme di piccoli dettagli che, sommati, fanno la differenza e che sul lungo periodo pesano più di qualunque scheda tecnica.

Dall’altra parte, Samsung conserva un fascino indiscutibile: la qualità degli schermi OLED resta un punto di riferimento assoluto, capace di regalare quel “wow effect” che ti cattura al primo sguardo. Ma nel tempo, nell’uso quotidiano, alcuni aspetti hanno finito per farmi guardare altrove.

Apple e Samsung rappresentano due mondi diversi. La prima gioca di melina, non osa troppo, avanza con piccoli passi sicuri, sapendo di poter contare su una fidelizzazione impressionante. La seconda invece deve ogni anno inventarsi qualcosa di nuovo: fotocamere da 200 megapixel, pieghevoli futuristici, funzioni che spesso hanno più del “wow” da vetrina che della sostanza.

Non è questione di simpatia o di tifo da stadio. Amo entrambi i marchi e i rispettivi ecosistemi. Ma dopo quindici anni di cambi, scambi e test, la mia esperienza mi porta a dire che sul lungo periodo l’affidabilità di iPhone resta un gradino sopra. Samsung può entusiasmare all’inizio, con quella potenza bruta che impressiona, ma spesso non riesce a calibrarla né a mantenerla nel tempo. Apple invece preferisce non strafare, ma ciò che offre funziona, e funziona bene.

Alla fine, chiunque sia davvero appassionato di tecnologia vorrebbe avere entrambi, poterli confrontare, usarli, sperimentarli. Ma nella realtà quotidiana non sempre è possibile. E quando arriva il momento di scegliere, la stabilità e la durata nel tempo fanno la differenza.

Ecco perché, per la prima volta dopo tanti anni, ho deciso di “cedere il passo” ad iPhone. Una decisione maturata non per moda o spirito di appartenenza, ma per pura affidabilità. Si potrebbero dire tante altre cose, lo so, ma questa non vuole essere una recensione tecnica: è solo una riflessione personale su questo eterno binomio iPhone – Samsung Ultra.


IlFolle 

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