mercoledì 30 dicembre 2015

"La vicenda di Locri è paradossale": intervista al manager calabrese Dino Vitola.




In occasione della fine dell'anno, il nostro giornale 'L'Emarginato', giornale online libero e senza editori, la voce degli ultimi e per l'appunto degli emarginati, vuole fare un bilancio di tutto quello che è andato bene e male in questo anno appena trascorso. Abbiamo voluto così intervistare le eccellenze calabresi, cioè coloro che hanno portato in alto il nome della Calabria grazie al loro lavoro, talento e professionalità. 
In questo modo inizieremo una serie di interviste esclusive che pubblicheremo man mano in questi giorni.

Oggi abbiamo il piacere di intervistare Dino Vitola, manager e produttore di successo che partito da Trebisacce, ha scoperto e lavorato con gran parte dei protagonisti della musica italiana: Vasco Rossi, Renato Zero, Laura Pausini, Zucchero, Mino Reitano, Fiorella Mannoia, Jovanotti, Ivan Graziani (per saperne di più cliccare qui www.dinovitola.net).
Vitola è un ambasciatore della Calabria, ed è stato premiato proprio ultimamente a Roma, con l'ambito premio "Roma Capitale", per la sua brillante e unica carriera ultra quarantennale.

Salve dott. Vitola, per noi è un piacere enorme averla con noi.

"Innanzitutto sono io a ringraziarvi per avermi preso in considerazione e colgo l'occasione  per fare gli auguri di un felice nuovo anno per il futuro di tutti i calabresi".

In questa intervista vogliamo soprattutto focalizzare l'attenzione su uno degli ultimi fatti successi in Calabria: la vicenda della squadra di calcio a 5 femminile di Locri minacciata, che ha avuto grande risonanza nei media. Lei si è fatta un'idea di questa strana situazione? La 'Ndrangheta è veramente dietro questa storia?

"E' da giorni che penso che mi sembra veramente paradossale parlare di 'Ndrangheta in maniera così approssimativa per quanto riguarda la questione di Locri. Sono vicino alle ragazze del calcio a 5 di Locri che si sono viste completamente bloccare una loro passione da atti ignobili, compiuti magari da un banale folle incivile, e francamente lo dico con sincerità in questa intervista.

Ma con il suo coraggio, sarebbe disposto a candidarsi come Presidente della squadra di Locri? Lo farebbe?

Certo, lo dico chiaramente: io mi candido senza paura a diventare se vogliono anche il loro presidente, perché non può e non deve esserci paura dove il vero sport è presente".

Se abbiamo capito bene la rende molto triste tutta questa vicenda. Come mai?

"Quello che mi rende triste in maniera più forte, è il fatto che si strumentalizzi una vicenda del genere per far cadere la Calabria nuovamente nei suoi spettri. Non è possibile far risalire sempre tutto alla 'Ndrangheta e badate bene che questo non è un atto di difesa ma di attacco diretto verso la criminalità organizzata. Perché la 'Ndrangheta vince dove gli uomini la vedono anche quando non c'è, perché la 'Ndrangheta spaventa di più se se ne parla anche quando non si dovrebbe. Ho voglia di parlare della Calabria buona che è il 98% della sua popolazione, non è possibile che dobbiamo farci male sempre da soli,  e non parlo a nome mio ma a nome della mia associazione 'Calabria in Movimento', che è quella Calabria che ha voglia di andare avanti e non rimanere legata ai soliti stereotipi".

Secondo lei è stata data troppa rilevanza a questo episodio?

"La 'Ndrangheta deve essere condannata in ogni sua manifestazione che sia ben chiaro, bisogna estirpare in ogni modo questo cancro che affligge questa Terra, ma per farlo bisogna fare un passo in avanti! E allora ecco che se piove è stato il boss a volerlo; se il mare è sporco è la 'Ndrangheta; se c'è un incidente è colpa del latitante calabrese; insomma, ogni scusa è buona per fare dei 'titoloni'". Certo, bisogna avere coraggio a dire queste cose che ho appena detto io, perché improvvisamente si può passare dalla parte del torto e l'ignorante di turno potrebbe a sua volta strumentalizzare ancora facendo passare il discorso come un atto di difesa nei confronti della 'Ndrangheta. 

Dando il significato che è stato dato a questa vicenda, lei pensa che la Calabria può averne un ritorno negativo?

"Sì, ed io sono stufo di far impaurire altre persone che ci guardano e ci leggono magari dall'estero, con la solita storia della mafia, di coprire le nostre sconfitte con il solito fantasma della criminalità organizzata. Ormai viviamo compressi in questo stato di paura, in meccanismi che si ripetono e che creano un forte handicap anche contro il turismo, perché la nostra Calabria potrebbe vivere solo di cultura e turismo, perché ha le potenzialità per farlo, come ha sempre detto un grande uomo di cultura qual è Vittorio Sgarbi".

E allora lei crede che possa esserci una soluzione?

"La soluzione è quella di lottare, di combattere l'ignoranza con la cultura, di diffondere le cose buone della Calabria senza per forza cadere sempre nei soliti cliché. Condannare la criminalità ma esaltare anche le eccellenze, i nostri luoghi, i nostri prodotti, cercare di essere più fans della nostra Terra e meno critici, meno impauriti dalle solite chiacchiere distruttive".

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