mercoledì

Garantismo dimenticato e giustizia anticipata: il caso degli impresentabili.


Tre candidature sono finite nel mirino della Commissione parlamentare Antimafia nell’ambito dei consueti controlli svolti sul rispetto del codice di autoregolamentazione in vista delle elezioni regionali che si terranno in Calabria domenica 5 e lunedì 6 ottobre.

Il compito della Commissione è, sulla carta, di vigilanza e trasparenza. Ma ogni volta che si parla di “impresentabili”, si innesca un meccanismo che rischia di diventare un’arma a doppio taglio. Da strumento di garanzia per i cittadini, esso può trasformarsi in un marchio che anticipa il giudizio della magistratura, sostituendo la condanna con un’etichetta.

In nessun Paese democratico e garantista sarebbe accettabile che un organismo parlamentare produca effetti simili a una sentenza. La Costituzione italiana è inequivocabile: ogni cittadino è innocente fino a condanna definitiva. Eppure, il linguaggio mediatico e politico attorno agli “impresentabili” finisce per alimentare processi sommari che nulla hanno a che vedere con il diritto.

Il garantismo non è un lusso, ma la base stessa dello Stato di diritto. Senza questo principio, il rischio è che sospetto e colpa diventino sinonimi, minando la credibilità delle istituzioni e privando i cittadini della libertà di scegliere i propri rappresentanti senza condizionamenti.

La lotta contro le infiltrazioni criminali è un dovere imprescindibile. Ma trasformare un codice etico in sentenza anticipata significa piegare la giustizia al pregiudizio. Ed è bene ricordarlo: senza garantismo, non c’è democrazia.

Davide Beltrano

Gelsomina Ferrara: l’arte che diventa emozione.

 


C’è un filo invisibile che unisce la musica, i sogni e l’arte visiva: lo tesse Gelsomina Ferrara, artista campana capace di trasformare un ritratto in una storia, un volto in un universo. Ogni volta che le sue opere accompagnano i libri dei fans - il progetto editoriale su Vasco, Ultimo e tanti altri artisti - ciò che ne scaturisce non è una semplice immagine, ma un segno tangibile di memoria, passione e appartenenza.

Con il suo talento, Ferrara non si limita a dipingere: scava. Nei lineamenti che ritrae c’è sempre qualcosa di più, una vibrazione nascosta, un respiro collettivo. Il suo ultimo lavoro per la copertina de Il Re degli Stadi ne è la prova lampante: un intreccio di passato e presente, dove “il vecchio che fu” incontra “quello che è”. Non una contrapposizione, ma una convivenza. Un’anima doppia che racconta la fedeltà eterna dei fan del Blasco e, allo stesso tempo, la loro capacità di rinnovarsi senza mai tradire se stessi.

Ogni ritratto di Gelsomina è una porta spalancata: dietro ci sono storie, ricordi, abbracci di concerti, lacrime di canzoni. Il suo segno pittorico non è mai neutro, ma vibra di energia comunicativa. È come se riuscisse a tradurre in immagine ciò che la musica lascia dentro: una scossa che non si dimentica, un sentimento che prende forma e colore.

Ferrara sorprende perché non resta mai in superficie. La sua arte è corpo e anima, gesto e pensiero, materia e simbolo. È la dimostrazione che il ritratto non è solo rappresentazione, ma ricerca di significato. Ogni tratto, ogni ombra, ogni scelta cromatica è un invito a guardare più a fondo, a lasciarsi attraversare dall’emozione.

Così, nelle pagine dei Libri dei Fans, i suoi ritratti non sono soltanto copertine: diventano porte d’ingresso per i lettori, chiavi di accesso a un viaggio che unisce fan, musica e memoria. Ed è proprio lì che Gelsomina Ferrara compie il suo miracolo: rendere eterna la passione, trasformare l’attimo in segno, e la fedeltà di un popolo musicale in opera d’arte.

Davide Beltrano

martedì

Il bar come fonte di resistenza: la Conca d’Oro e la memoria viva di Castrolibero.

 


I bar sono sempre di meno luoghi di ritrovo. Una sorta di destino inesorabile che non è frutto del caso, ma di un cambiamento profondo che negli ultimi decenni ha modificato le nostre abitudini. Un cambiamento che ha visto l’interazione digitale schiacciare quasi ogni tipo di relazione umana. Luoghi, sensazioni, odori, sapori che appartenevano alla quotidianità si sono trasformati in like, follower, faccine social e visualizzazioni da TikTok.

Una forzatura dei tempi, un declino relazionale che rappresenta con precisione ciò che siamo diventati oggi: più connessi con l’universo intero, ma molto meno a fuoco con il mondo che ci circonda da vicino. Ci ritroviamo a dialogare con l’idea di una comunità globale, dimenticando spesso che le comunità locali, quelle fatte di sguardi, parole e piccoli gesti quotidiani, sono l’anima della nostra esistenza.


Ecco allora che luoghi di ritrovo come il bar La Conca d’Oro di Castrolibero diventano simboli di resistenza culturale, spazi capaci di resistere al tempo, oltre le mode del momento e l’iperconnessione dilagante. Non semplici bar, ma centri nevralgici dove l’umanità continua a riconoscersi.


Damiano Morrone, deus ex machina della Conca d’Oro, lo sa bene. Il suo non è solo un bar: è un luogo che lega l’appartenenza a un territorio – quello di Castrolibero – con la fedeltà ai sapori tradizionali e alla cultura dell’accoglienza.


«Oggi è sempre più difficile creare interazioni umane – racconta Morrone –. Noi, nel nostro bar, teniamo alto il vessillo della comunicabilità fra persone. Non è solo venire qui e prendere un caffè, un cappuccino o un cornetto: è un ritrovo dove ci si confronta, si discute e si prende un po’ di tempo da questa vita frenetica.»


Dal 1978, quando decise di investire sul territorio di Castrolibero, Morrone porta avanti la sua attività con una convinzione precisa: difendere i luoghi della memoria collettiva. Una scelta che oggi rivendica con orgoglio.


«Oggi parlo del mio bar – aggiunge – ma facendolo mi sento di parlare a nome di tutti. Ogni attività radicata sul territorio ha una marcia in più, perché rappresenta il passato, il presente e il futuro di una città. Quante volte ci ricordiamo di un posto perché lì vicino c’è un bar iconico o una pasticceria storica? Questi sono segni del tempo che non cedono alla modernità.»


Il valore di queste realtà non sta solo nella qualità dei prodotti, ma nella loro capacità di custodire simboli e tracce d’identità, elementi che diventano patrimonio di un’intera comunità.


«La vera sfida di oggi – prosegue Morrone – non è tanto portare avanti i nostri prodotti con fedeltà, quello lo faremo sempre. La sfida è resistere alle cosiddette stanze digitali che portano tanti giovani a chiudersi a riccio. Io credo che il mondo digitale sia fondamentale anche per la promozione delle attività, ma l’essenza di un dialogo a tu per tu nel mondo reale non ha eguali.»


Il Bar La Conca d’Oro è dunque un presidio che si oppone al declino relazionale e alla desertificazione dei rapporti umani. Un luogo che conserva intatta la funzione originaria del bar: non solo servire bevande e dolci, ma offrire un rifugio di comunità.


In un tempo in cui i rapporti rischiano di ridursi a un clic, la Conca d’Oro ci ricorda che la vera connessione non è quella virtuale, ma quella che passa da un sorriso dietro al bancone, da una chiacchiera improvvisata tra amici, da un buongiorno condiviso davanti a una tazzina di caffè.


E forse proprio qui, in questi gesti semplici, resiste la Calabria più autentica: quella che non rinuncia a incontrarsi e a riconoscersi.


Davide Beltrano

venerdì

Castrolibero, al via il progetto “Insieme” per la salute femminile.


Parte a Castrolibero il progetto “Insieme”, un percorso dedicato alla salute femminile promosso dal Comune in partnership con l’associazione Anteas Cosenza e realizzato grazie al sostegno di Komen Italia ETS.

L’iniziativa, rivolta principalmente alle donne con diagnosi di tumore al seno, mette a disposizione un programma gratuito di prevenzione, cura e sostegno, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita attraverso attività integrate di tipo sanitario, psicologico e sociale.

«È per me motivo di grande soddisfazione poter annunciare l’avvio di un progetto che mette al centro la salute femminile, tema che considero fondamentale per la nostra comunità. Ancora una volta abbiamo la possibilità di lavorare in sinergia con l’associazione Anteas Cosenza e il presidente Benito Rocca, con cui da tempo condividiamo impegno e collaborazione su tanti progetti sociali e sociosanitari» – ha dichiarato Anna Giulia Mannarino, consigliere comunale con delega alle politiche sociali e sociosanitarie.

Il progetto prevede supporto psicologico, ginnastica dolce e pilates, arte terapia, pet therapy, screening e seminari tematici, tutti servizi offerti a titolo gratuito. «La salute, soprattutto quella delle donne che vivono o hanno vissuto momenti difficili, è per noi una priorità assoluta – aggiunge Mannarino – ed è per questo che siamo orgogliosi di aver costruito, insieme ai nostri partner, un percorso che unisce prevenzione, ricerca e cura.»

Le attività saranno realizzate con il coinvolgimento del Comune di Marano Principato, della Cooperativa Sociale Onlus Orsa Maggiore e del Movimento Statico ASD APS, a conferma di una rete di collaborazione che amplia le opportunità di sostegno sul territorio.

La partecipazione è gratuita ma soggetta a prenotazione, da effettuare al numero 0984 653050 (attivo dal lunedì al venerdì, dalle ore 9:00 alle 12:00).

mercoledì

Dal pregiudizio alla politica: il banco di prova della Lega al Sud con IdM.


Avete presente quando un pregiudizio si insinua come un tarlo nella mente e diventa l’espediente più atroce per non ascoltare più niente e nessuno? 

In politica funziona spesso così, più che guardare al merito si preferisce rimanere incatenati ai rancori, alle vecchie contrapposizioni, agli stereotipi che fanno comodo a chi non vuole discutere di programmi ma di simboli e appartenenze. È esattamente quello che accade intorno alla candidatura di Orlandino Greco, perché nell’immaginario collettivo la Lega resta ancora la voce del Nord e il movimento-partito Italia del Meridione, fondato da Greco, la voce del Sud. Una contraddizione che però esiste soltanto nella testa di chi continua a ragionare per schemi fissi, come se la politica fosse immobile, come se i partiti non potessero cambiare direzione o correggere gli errori del passato. 

La verità è che la Lega di oggi non è più quella di vent’anni fa, non è più nemmeno quella di dieci anni fa, perché una parte consistente del suo consenso al Nord è svanita e il tentativo di radicarsi al Sud è diventato una necessità politica prima ancora che strategica. 

Certo, nessuno dimentica le terminologie offensive che Matteo Salvini e la sua Lega hanno usato nei confronti del Mezzogiorno, ma c’è una differenza sostanziale tra chi persevera nello sbaglio e chi, invece, prova a fare ammenda con i fatti. Negli ultimi anni la Lega ha cercato di portare in agenda questioni concrete per il Sud, dall’Alta Velocità ferroviaria al completamento della statale 106, fino al potenziamento dell’autostrada A2, e si può discutere se siano promesse o risultati, ma resta il fatto che il partito, almeno nelle intenzioni, ha cercato di cambiare rotta investendo dove per decenni tutti hanno investito troppo poco. E se persino la Lega ha compreso che senza il Sud non esiste un’Italia solida e competitiva, vuol dire che qualcosa si è davvero mosso, perché non è il Meridione ad aver bisogno della Lega ma la Lega ad avere bisogno del Meridione. 

È qui che la figura di Orlandino Greco diventa decisiva: la sua scelta è destinata a pesare come un macigno, perché può trasformarsi nell’occasione per dare credibilità a un progetto o, al contrario, nel colpo di grazia alle ambizioni meridionaliste di Salvini. Greco non è uomo che si lascia gestire facilmente, non è tipo da rinunciare alla sua autonomia politica, e se ha accettato un compromesso di questa portata lo ha fatto nella consapevolezza che il Sud non può continuare a stare in panchina, costretto a guardare da lontano partite che si giocano altrove. Ha scelto di sedersi al tavolo grande, di rischiare, di sporcarsi le mani, perché in politica a volte serve più coraggio nel compromesso che nella testimonianza sterile. E se al posto della Lega ci fosse stata Forza Italia probabilmente nessuno avrebbe sollevato un polverone, segno che più dei contenuti contano ancora i pregiudizi. Ma i pregiudizi non possono essere lenti uniche attraverso cui giudicare la politica, altrimenti tutto si riduce a un teatrino dove ognuno recita la parte assegnata senza mai cambiare copione. 

La verità è che oggi il Sud ha inghiottito la Lega, e che non sarebbe affatto male utilizzare un partito di maggioranza per ottenere quelle riforme che il Mezzogiorno attende da decenni. Poi magari non tutto si realizzerà, magari le promesse resteranno a metà, ma il giudizio deve basarsi sui fatti e non sulle caricature del passato. 

Perché se per Enrico IV “Parigi val bene una messa”, allora per Orlandino Greco il Sud val bene un compromesso con la Lega.

Davide Beltrano