Tre candidature sono finite nel mirino della Commissione parlamentare Antimafia nell’ambito dei consueti controlli svolti sul rispetto del codice di autoregolamentazione in vista delle elezioni regionali che si terranno in Calabria domenica 5 e lunedì 6 ottobre.
Il compito della Commissione è, sulla carta, di vigilanza e trasparenza. Ma ogni volta che si parla di “impresentabili”, si innesca un meccanismo che rischia di diventare un’arma a doppio taglio. Da strumento di garanzia per i cittadini, esso può trasformarsi in un marchio che anticipa il giudizio della magistratura, sostituendo la condanna con un’etichetta.
In nessun Paese democratico e garantista sarebbe accettabile che un organismo parlamentare produca effetti simili a una sentenza. La Costituzione italiana è inequivocabile: ogni cittadino è innocente fino a condanna definitiva. Eppure, il linguaggio mediatico e politico attorno agli “impresentabili” finisce per alimentare processi sommari che nulla hanno a che vedere con il diritto.
Il garantismo non è un lusso, ma la base stessa dello Stato di diritto. Senza questo principio, il rischio è che sospetto e colpa diventino sinonimi, minando la credibilità delle istituzioni e privando i cittadini della libertà di scegliere i propri rappresentanti senza condizionamenti.
La lotta contro le infiltrazioni criminali è un dovere imprescindibile. Ma trasformare un codice etico in sentenza anticipata significa piegare la giustizia al pregiudizio. Ed è bene ricordarlo: senza garantismo, non c’è democrazia.
Davide Beltrano

Nessun commento:
Posta un commento