Che Guevara non era un santo, altroché.
Era un guerrigliero, e come tale era amato e odiato.
Perché le rivoluzioni non sono mai giuste, se non quelle fatte per “la fame”. E a Cuba ce n’era, di fame.
Certo, ce n’è stata anche dopo, ma questo è un altro discorso. Ecco perché Che era oltre anche al comunismo stesso.
Come puoi chiamare, se non positivamente, uno che ha lasciato una comoda carriera da dottore per aiutare i soppressi e coloro che vivevano in dittature?
Ci si ricorda – sbagliando – solo di Cuba, eppure tanti sono i Paesi in cui l’eco della rivoluzione ha portato il Che ad essere presente.
A prescindere da ogni colore politico… come lo chiami tutto questo?
Che Guevara era scomodo anche per i comunisti stessi.
Basti pensare che tante volte, dall’Unione Sovietica, lo chiamavano “amico scomodo”.
Quella scomodità era diventata un problema perfino per il nuovo governo di Cuba.
Molti hanno un’idea semplicistica di Che Guevara: – il rivoluzionario comunista,
oppure – colui che uccideva.
Due modi sbagliati di raccontarlo.
Perché non tengono conto di tanti elementi, come la storicizzazione delle sue gesta e una sua matrice comunista che, paradossalmente, aveva davvero poco a che vedere con il comunismo cresciuto nell’Unione Sovietica.
Per me, lui è la vera figura del comunismo.
Come Berlinguer.
Due che hanno trasformato quell’ideologia, prendendone solo la radice più pura e altruista.
Sarò per sempre dalla tua parte, Che.
In ogni luogo.
In ogni ufficio.
In ogni mio passo,
il tuo esempio sarà sempre presente.
– IlFolle