mercoledì

VIVERE… O NIENTE!!!

 

Lasciarsi morire o decidere di morire. Un dilemma esistenziale. Un obbligo per alcuni, una scelta di vita… e di morte per altri. Dopo la notizia della scomparsa delle gemelle Kessler il dibattito è esploso di nuovo: è giusto poter scegliere di morire, o sarebbe più “giusto” seguire il corso della vita, così come arriva?

Qualcuno diceva che “prima di giudicare qualcuno, devi camminare per un miglio nelle sue scarpe”. Credo che mai come questa volta sia impossibile penetrare davvero nel cuore di ciò che hanno provato le due sorelle. Un legame profondo, viscerale, quasi primordiale. Un legame che non si può spiegare se non lo si è vissuto: loro non erano semplicemente due persone nate insieme, erano una sola identità distribuita in due corpi. Una simbiosi dolce e feroce, una presenza reciproca talmente radicata da rendere insopportabile l’idea di un mondo vissuto in solitudine.

Non conta se non sono riuscite ad andare “oltre” se stesse, perché questo va oltre ogni discussione: lì entra il territorio delle relazioni intime, dei rapporti che ti forgiano, delle ferite invisibili, dei litigi che cementano più di qualsiasi promessa. Ciò che conta è che le Kessler hanno scelto. E lo hanno fatto autonomamente, consapevolmente. Perché nessuno sceglie quando nascere, ma forse possiamo — almeno in parte — scegliere come vivere, come resistere, come dire basta a questa baracca folle che è l’esistenza.

Non può essere la fede a dettare legge su questo. Non un unico Dio, non un’unica visione morale. Se rifiutiamo le dittature in vita, non possiamo accettarle quando si tratta delle nostre decisioni più intime, quelle che non tolgono nulla a nessuno tranne che a noi stessi. Il dibattito è accesso, si apre come crepe su una superficie che a guardarla da lontano sembrava liscia. Ma la scelta suprema resta sempre lì, dietro l’angolo, soprattutto quando la sofferenza avanza e offusca tutto, quando la dignità è l’ultimo baluardo che ci rimane.

Non si giudica chi decide di vivere un martirio: non si dovrebbe giudicare chi sceglie il contrario. La libertà rimane tale solo se non arreca danno a terzi, e in questa scelta il danno non esiste: è un atto che riguarda solo sé stessi, un solstizio privato, un punto di svolta che ognuno dovrebbe essere libero di stabilire.

Poche manfrine. Poche chiacchiere fra scienza e fede. Ci sono momenti in cui la vita diventa una domanda troppo grande per essere risolta con un dogma.
E alla fine resta una sola verità: il rispetto.

Il rispetto per chi resta, per chi sceglie, per chi lotta e per chi smette di farlo.
Perché la dignità — quella vera — non conosce tribunali.»

Davide Beltrano

Nessun commento:

Posta un commento