Negli ultimi giorni e nelle ultime settimane ho visto e ascoltato tanti video, tante dichiarazioni e commenti sul problema della mancanza d’acqua in Calabria. È un tema che tocca la vita di tutti, e che oggi, da neo consigliere regionale, sento come una delle battaglie più urgenti e delicate.
Ma credo che chi ricopre un ruolo istituzionale non debba fermarsi alle formule semplicistiche che spesso trovano sfogo solo sui social. Tutti vogliamo l’acqua, è ovvio. Ma governare significa capire cosa c’è dietro i problemi, e soprattutto proporre soluzioni concrete, non slogan.
Le criticità del servizio idrico sono reali, e nessuno può negarlo. Sono il risultato di decenni di disattenzione, di investimenti mancati e di una rete che in molti tratti è ormai obsoleta. Tuttavia, la Calabria ha finalmente avviato un processo di cambiamento che non possiamo ignorare.
Con la legge regionale n. 10 del 20 aprile 2022, è nata l’Autorità Rifiuti e Risorse Idriche della Calabria (ARRICAL), una riforma strutturale che ha riunito in un’unica governance pubblica due settori strategici: acqua e rifiuti. È stato un passo decisivo verso una gestione moderna, efficiente e soprattutto interamente pubblica.
Oggi la nuova Sorical non è più la stessa di ieri. È una società in house, appartenente a tutti i Comuni della Calabria: quindi, a tutti i calabresi. Ciò significa che la responsabilità della gestione non è più solo regionale, ma diffusa, condivisa, partecipata.
La governance del sistema idrico è ora nelle mani dell’Assemblea di ARRICAL, composta da quaranta sindaci rappresentativi di tutto il territorio. È lì che si definiscono priorità, investimenti, strategie. È lì che bisogna portare la voce dei territori, non sui palchi della polemica.
Il Piano d’Ambito regionale è stato approvato, le risorse europee e ministeriali ci sono, gli strumenti normativi anche. Quello che serve adesso è passare dalla teoria alla pratica, accelerando sui progetti di ammodernamento e riduzione delle perdite. Le dispersioni idriche, in alcune aree superiori al 50%, rappresentano una ferita aperta che va sanata con serietà e pianificazione, non con accuse generiche o proclami mediatici.
La Calabria ha oggi l’occasione di dimostrare che può gestire in modo trasparente e competente un bene essenziale come l’acqua. Ma per farlo serve collaborazione, non conflitto. Serve verità e responsabilità condivisa.
Chi ricopre un ruolo pubblico ha il dovere di essere parte della soluzione, non di alimentare il rumore di fondo. L’acqua non può diventare un terreno di propaganda, ma deve restare un diritto di cittadinanza garantito con lavoro, competenza e visione.
Oggi, più che mai, è il momento del coraggio istituzionale e del senso di comunità. Perché il futuro della Calabria si misura anche da qui: da come saprà gestire la sua acqua, e da quanto sarà capace di trasformare le parole in opere.

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