<<Che sarà della mia vita chi lo sa>> cantavano con aria malinconica i Ricchi e Poveri in una delle canzoni più popolari della musica italiana scritta da Franco Migliacci.
E, ogni volta che si prospetta davanti agli orizzonti italiani la Manovra di Bilancio, il destino del nostro Paese è sempre più in bilico fra passate manovre gloriose e attuali problematiche che sfociano nella triste realtà nella quale impervia la nostra economia.
E, infatti, l'attività politica della nazione si ridesta finalmente dalle coccole estive sotto l'ombrellone ed entra nel suo centro funzionale più vitale fra sfide da vincere e numerosi enigmi da risolvere.
È arrivato il momento in cui si definisce il quadro complessivo dei conti pubblici per i successivi tre anni in preparazione alla legge di bilancio da presentare in ottobre. Anche quest’anno il governo lo farà, ma sarà vincolato dalle nuove regole europee sui conti pubblici: è la dura legge della comunità europea che impone a tutti i suoi Stati membri di raggiungere gli standard previsti per una sostenibilità economica e proiettata verso il futuro.
Nel dettaglio, il Governo italiano deve inviare a Bruxelles, entro e non oltre il 20 settembre, il proprio piano di finanza pubblica, che dovrà coprire un orizzonte temporale di sette anni, in base alle nuove regole europee sui conti pubblici.
Il piano dovrà indicare come l'Italia intende ridurre il rapporto tra debito pubblico e Pil e il rapporto tra deficit pubblico e Pil. Il piano, una volta approvato, non potrà essere rivisto, se non in casi particolari e con le dovute motivazioni.
Nella Manovra di Bilancio che sta preparando il governo, inoltre, ci sarà molto spazio per quelle misure varate nel 2023, le quali, erano al sostegno di chi assumeva e di chi creava lavoro, oltre che dedicate all'occupazione femminile.
Ma un altro quesito importante riguarda la legge di bilancio sul 2025. Il punto di partenza è il DEF dell’aprile scorso in cui il governo indicava l’obiettivo di un deficit del 4,3% del Pil nel 2024. Come detto, per rispettare le regole europee, il deficit nel 2025 dovrebbe scendere di mezzo punto percentuale circa, ossia al 3,8% del Pil.
La ragione politica però spinge a comprendere bene in che modo si raggiungeranno questi risultati e, soprattutto, se rispetteranno i tempi stabiliti.
In quest'ottica, le preoccupazioni di Mario Draghi sono stati tangibili. Il Professore, nei giorni scorsi, ha presentato ai 27 Stati membri il suo report che, a quanto pare, sarà pubblicato integralmente settimana prossima. Nelle 400 pagine predica fretta per i cambiamenti imminenti da fare, puntando molto sulla competitività in Europa. Proprio per questo, la Commissione Europea ha chiesto all’ex Premier di studiare come l’Ue possa diventare più competitiva di fronte al mondo che cambia, come possa arrestare il suo declino economico e ridurre la sua dipendenza dalle altre grandi potenze come Stati Uniti e Cina. E, in questo, il versante italiano è fondamentale per costruire un'Europa più forte e meno frammentata nella sua costituzione sociale e politica. Quasi a dire: "Se l'Europa pretende tanto dai suoi Stati membri anche quest'ultimi pretendono aiuti concreti dall'Europa.
L’Ue deve cambiare passo, questo è chiaro. Investire e capire su quali industrie europee si vuole puntare e fare in modo che possano diventare leader mondiali nei loro settori. Poi c'è l'attenzione massima riposta sull’innovazione, soprattutto nelle alte tecnologie, dove l'Europa risulta essere ormai in grave ritardo - da tempo - rispetto a nazioni come Cina e Stati Uniti. Per migliorare in questa direzione, il tutto deve essere supportato da un maggiore aumento degli investimenti pubblici europei nei settori considerati strategici.
Ritornando in casa nostra, quello che accadrà, molto probabilmente, è che il governo introdurrà già prima di fine 2024 misure per soddisfare le richieste di tagli di tasse e aumenti di spesa per il 2024-25.
Questo andrà ad intaccare molto il nostro debito pubblico già compromesso e potrebbe portare potenti scossoni all'economia nazionale.
Insomma, niente di nuovo verrebbe da dire: soliti corsi e ricorsi storici quando si tratta di manovre economiche in salsa italiana.
Al pari di queste considerazioni, però, le sfide del Governo presieduto da Giorgia Meloni sono molteplici e, viste le precarie soluzioni, ci sarà bisogno di una visione politica lungimirante e degna dei più grandi del passato.
Staremo a vedere cosa succederà, ma il tempo stringe e il portafoglio, soprattutto quello degli italiani, piange.
Davide Beltrano
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