Il TAR ha emanato il suo verdetto: l’iter per arrivare alla città unica è regolare. Avanti con il referendum del 1* dicembre.
Una stoccata contro chi sperava in una sentenza negativa sulla città unica e un incentivo in più per i fautori della fusione. L’attesa, infatti, è stata lunga e seguita da molti convegni perlopiù dei sostenitori del no: tutto ciò non è bastato e adesso la strada per la città unica, per chi non la vorrebbe, si fa dura e irta di ostacoli. Certo, c’è ancora il Consiglio di Stato a poter aprire la questione, ma è lapalissiano che questa sentenza sia un punto a favore del sì, rigettando tutti i proclami di anti democrazia piovuti addosso dai contrari.
Ciò che forse risalta di più, in questi giorni, a parte la diatriba in tribunale; a parte sciorinare incontri su incontri in merito alla questione, è la poca partecipazione attiva della popolazione. Soprattutto tra i giovani c’è una totale indifferenza alla questione. È lo specchio dei nostri tempi, sicuramente, ma è anche un punto di domanda che ogni politico nostrano dovrebbe porsi: i cittadini concepiscono le tre città già come un’unica entità, oppure in gran parte di essi c’è proprio un disimpegno totale a questo futuro cambiamento generale?
Quello che ci si chiede è, se da una parte i vantaggi ad una fusione siano davvero comprensibili per tutti o se eventuali svantaggi siano invece il collante ideale per i sostenitori del no, fra voto consapevole e protesta ad un sistema.
La questione non è assolutamente solo politica ma anche sociale, morale e generazionale. Come si può pensare di andare verso il futuro senza il parere dei giovani? Come si può creare la città che verrà senza l’apporto di tanti ragazzi e ragazze che si affacciano con scetticismo al mondo della politica? E il giro di domande è infinito anche dalla parte opposta: finché si riesce a convincere la popolazione che il metodo attuale è quello giusto?
Ognuno ha in tasca la verità ma molti preferiscono dirla ad occhi chiusi senza constatare il tangibile pressappochismo di tanti segmenti delle tre città . Il referendum toglierà definitivamente il velo agli ultimi utopisti, con quel dilemma enorme che forse, non è tanto la città unica che potrà cambiare le carte in tavola, ma un coinvolgimento reale della popolazione a questioni, le quali, anche se di straordinaria importanza, vengono viste come l’ennesimo scambio di opinioni, visioni e progetti, di una casta politica sempre più lontana dal sentire comune. Ai posteri, anzi, al referendum l’ardua sentenza.
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