mercoledì 26 luglio 2017

Il caso italiano della famiglia arcobaleno



Quando si sente parlare di termini come “omogenitorialità”, “famiglia arcobaleno” e “stepchild adoption” i pareri degli italiani e non solo risultano sempre più delicati e difficili da analizzare.

Andando con ordine, definiamo omogenitorialità tutte quelle situazioni familiari nei quali un individuo omosessuale è il genitore di almeno un bambino all'interno del nucleo familiare - termine questo nato nel 1997.

In Italia, nonostante il Decreto Cirinnà, questa rimane una tematica difficile da comprendere e soprattutto molto ostica. Come sempre, i pareri della politica italiana si scontrano con quelli della Chiesa e pertanto nascono i cosiddetti “dilemmi etici”. 

La stepchild adoption, dall'inglese “adozione del figlio affine”, è designata anche come quell'adozione in casi particolari e consente al figlio di essere adottato dal partner, unito civilmente o sposato, del proprio genitore. Tale istituto giuridico, in Italia, non è una novità e né tanto meno una tematica nata con l'emanazione del Decreto Cirinnà (Lg. n°76 del 2016). E' disciplinata con la Legge 184/1983 "Diritto del minore ad una famiglia" e permette l'adozione del figlio del coniuge, purché vi sia il consenso del genitore biologico e a condizione che l'adozione corrisponda all'interesse del figlio. 



Ma dov'è la novità e soprattutto cosa ha scatenato le polemiche avvenute con l'approvazione del Ddl Cirinnà? 

Bene, è molto semplice. L'art. 5 dello stesso prevedeva che la stepchild adoption fosse estesa anche alle cosiddette famiglie arcobaleno o omogenitoriali. Alla fine, però, con l'emanazione della nuova legge "resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti", non impedendo così l'evoluzione giurisprudenziale, che consente la possibilità da parte dei tribunali di applicare le norme sull'adozione in casi particolari.

Il primo riconoscimento di fatto di una adozione omosessuale avvenne nel 2014, quando il Tribunale dei Minori di Roma, permise a una donna di adottare la figlia naturale della compagna. 

Il tribunale si basò sull'articolo 44 della legge del 1983 ed in particolare nella parte che afferma "nel superiore e preminente interesse del minore a mantenere anche formalmente con l'adulto, in questo caso genitore sociale, quel rapporto affettivo e di convivenza già positivamente consolidatosi nel tempo". Si è colmato, quindi, in questa occasione un vuoto normativo, per una situazione nata già in precedenza. 



Così è altrettanto accaduto ultimamente in Veneto. 
Una sentenza approvata non senza polemiche. Sì del Tribunale per i Minorenni di Venezia, che pertanto ha “caldamente” invitato la coppia ad essere consapevole che la bambina dovrà relazionarsi anche con persone a orientamento non omosessuale, per permettere uno sviluppo adeguato.

Se da una parte la sentenza consentirà sicuramente a dare il via allo stepchild adoption anche per le coppie omosessuali, dall'altra la raccomandazione fatta dal giudice potrebbe aprire un precedente sui possibili pregiudizi della Corte e degli operatori che si occupano di adozioni in casi particolari.

Ancora una volta, possiamo capire che, ambiti delicati come la filiazione naturale e non, colgono impreparati i funzionari pubblici, che nel tentativo di interpretare ciò che il Legislatore ha emanato, cercano di operare nel benessere e nell'interesse del cittadino italiano.

Giorgia Tagarelli

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