martedì 15 agosto 2017

Licei brevi: il nuovo "bluff" italiano?


                                  

Non si fa altro che parlare in questi giorni del nuovo decreto firmato il 3 agosto 2017 dall'attuale Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Valeria Fedeli.

Tale decreto implica, in fase di sperimentazione, un riassetto del sistema scolastico italiano. Se l'esperimento dovesse andare a buon fine, significherebbe che dopo circa un ventennio, avverrebbe una vera e propria “rivoluzione copernicana” del sistema di istruzione scolastica in tutto il Paese.

In cosa consiste questo ipotetico cambiamento? 
Beh, avrete sicuramente sentito parlare dei cosiddetti “licei brevi”, della durata di 4 anni e non più 5. Tutto questo, dicono dall'alto della politica italiana, per innovare la “scolasticità” degli studenti. 

Molti, invece, non la vedono proprio in questo modo. Si parla di innovazione, ma in realtà si guarderebbe anche ai tagli della spesa pubblica. Quindi, è una manovra/miglioria del sistema scolastico italiano o l'ennesima “trovata” per ribilanciare il debito pubblico?

Certo, il liceo breve garantirebbe allo studente di finire la scuola un anno prima (quindi a 18 anni e non più a 19) ed adeguarsi alla maggior parte delle scuole europee. 

Questo significherebbe far iniziare il percorso universitario prima e quindi avere maggiori probabilità di entrata nel mercato del lavoro (se solo ci fossero queste reali probabilità, se si vede il tasso di disoccupazione italiana!).


                             
Non abbiamo pensato però al fatto che, se il riassetto del sistema scolastico non venisse organizzato ad hoc, verrebbero meno quegli strumenti e quelle conoscenze/competenze necessarie per affrontare le sfide della vita. E per sfide della vita si può intendere crescita morale e culturale, la capacità di analizzare e comprendere la realtà che li circonda, oltre ad una mera preparazione scolastica.

D'altra parte, il Ministro Fedeli non sta attuando nulla di nuovo se si guarda a ciò che nel 2000 Belinguer aveva ipotizzato a partire dalle scuole elementari. Successivamente come quest'ultimo ci avevano provato i Ministri Profumo, Carrozza e Giannini. 

Ciò che è cambiata, però, è la prospettiva e l'ottica di questo cambiamento, che per ora è orientato solo alla sperimentazione di 100 istituti italiani (circa 2500 studenti di scuole pubbliche e paritarie tra Nord, Centro e Sud) a partire dall'anno scolastico 2018/2019. Certo, dovrà essere rimodulato il calendario delle lezioni, il piano di studi e devono essere garantite tutti i contenuti tipici del liceo della durata tradizionale, come i laboratori, lo studio di una lingua straniera.

Dunque, siamo davanti ad una prova non del tutto indifferente.
Due domande sorgono spontanee: saremo capaci di non smantellare l'ennesima politica sociale italiana? Continueremo a “sfornare” studenti brillanti che tutta Europa e non solo ci invidiano? 

A voi i commenti!


Giorgia Tagarelli

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